Nel ’93 superai la barriera dell’oro. Avevo finito l’esame di maturità scientifica a luglio e pochi giorni dopo partii alla volta di Cagliari. Ci fu un campionato Europeo di altissimo livello con condizioni meteo – marine molto varie. Qualche giorno prima dell’inizio delle regate mi stavo allenando con Manfredo Audisio, il tecnico classe Laser, dopo la quarta regatina, in cui partivo male e vincevo con 50 m di vantaggio su di un piccolo percorso a bastone, mi prese in disparte e cominciò a dirmi che non avrei vinto niente se non cominciavo a partire meglio. Purtroppo continuai a partire male anche durante il campionato ma avevo un tale feeling con la barca e con i salti di vento che nessuno poteva fermarmi. Io vinsi e terza arrivò Larissa Moskalenko, medagliata alle Olimpiadi di Seul con il 470. Regatavamo anche con i maschi tra i quali c’era Ben Ainslie, l’inglese medaglia d’Oro a Sydney nel Laser standard, campione del mondo Finn 2002; ricordo Ben durante la 5a prova voleva passarmi di lasco, tentò un approccio troppo vicino, orzai e ci toccammo, fece la penalità gridandomi inviperito. Forse non era così bravo come ora, ma soprattutto mal sopportava di esser battuto da una ragazza. Le regate più belle si corsero con mare grosso e vento da fuori. Di poppa con 11 m/s l’unica che riusciva a rincorrermi era Maria Vlachou, la greca anch’essa alle olimpiadi di Sydney 2000 con l’Europa. Fu il mio primo titolo Europeo vinto, una gioia grandissima festeggiata con anguria e mirto.
Con l’Optimist e le regate dei miei genitori… (tutto sommato erano sempre loro i primi a svegliarsi la domenica mattina, pronti per la “trasferta”) si esplorò l’Italia e si fece la prima conoscenza con la squadra nazionale. I miei compagni di giochi – leggi i miei avversari in regata – avevano nomi comuni come Lorenzo, Sabrina, Federica, Michele… Se però aggiungiamo i cognomi li ricordiamo meglio: Bressani, Landi, Prunai, Paoletti. I raduni delle squadre si svolgevano a Livorno; quante volte abbiamo trascinato i carrellini sull’asfalto nero del Centro Beppe Croce e quanti pranzi al sacco abbiamo diviso con Hombre, il padrone del centro. Era il cane più amato dai ragazzi, sempre a scodinzolare tra le barche, sapeva tutti i segreti dei bimbi. Molte regate si facevano sul lago di Garda, ma ci si spostava anche nel profondo sud. Ho una bellissima immagine nella mente: il campionato italiano a San Vito Lo Capo, la spiaggia attirava la mia curiosità e così portai a casa una bottiglia di plastica da 2 litri piena di sabbia, in compenso dimenticai il mitico salvagente HH a strisce verticali rosse bianche e blu sul muretto. Le regate!? Proprio non mi vengono in mente. La pista da risciò, quella l’ho impressa bene nella zucca. Si facevano giornalmente le gare di corsa, tutte le sere, ovviamente a luci spente, con inevitabili scontri e rovesciamenti, “morti e feriti”. Ricordo anche il campionato italiano a Termoli. Avevamo messo la nostra grande tenda verde veranda, una cosa di gran lusso che usiamo tuttora nelle trasferte, sull’argine del fiume ed assieme ad altri genitori e concorrenti ci apprestavamo alla cena. All’improvviso si sentì la voce del padre di Giulietti gridare al figlio di gettarsi nella tenda e prendere il topo che si era nascosto all’interno. Poi, per tranquillizzare i numerosi curiosi che si erano messi a guardare la grande mole di cuscini, sacchi a pelo, asciugamani che venivano scaraventati fuori, aggiunse che il figlio era stato vaccinato per qualsiasi malattia. Andai al Campionato Italiano ad Alassio dove Roberta (Zucchinetti) era l’astro nascente e partecipai ad altri campionati. Poi però l’Optimist era diventata una barca troppo piccola per una dodicenne alta 1m e70 con 56 kg e bisognava andare a cercare qualcosa di diverso.
Sono la più piccola della famiglia Nevierov, e seguo subito le orme dei miei fratelli velisti Andrea ed Alessandro, iniziando ad andare a vela a 8 anni sull’Optimist. Nell’88 passo sul Laser Radial, dove ottengo numerosi risultati di rilievo nazionale e internazionale tra cui: 2 volte seconda al Campionato Mondiale Laser Femminile nel 1995 e nel 1996, quest’ultima a pari merito, e infine nel ’98 Campionessa Mondiale a Medemblick.
Dal ’97 al 2004 ho regatato sulla classe Olimpica Europa dove ho raggiunto risultati di livello mondiale. Nel 2004 ritorno sul Laser Radial, diventata classe Olimpica, salendo subito sul podio internazionale e classificandomi 2a ai Giochi del Mediterraneo di Almeria 2005.
Il ’98 mi diede anche una grande gioia, vinsi il campionato Mondiale Laser a Medemblick, la settimana dopo il mondiale Europa, con la stessa campionessa del mondo Europa in gara. Riuscii a battere Carolijn Brouwer, un talento dei nostri giorni, timoniere dell’anno ’99, vincitrice di numerosi titoli mondiali in Laser radial ed in Europa (Campionessa mondiale ’95 e ’98), olimpiaca a Sydney 2000 sul 470. Il campionato in Olanda fu stupendo. Mi feci portare la barca da miei genitori e mi spostai di 500Km (da Travemunde in Germania a Medemblick Olanda) in un giorno. Neanche provai il Laser, ci salii il primo giorno di regate. Attaccai fin dalla prima prova e la vinsi. Era poco vento, condizione poco consona alle mie caratteristiche. La testa della classifica era ogni giorno diversa, si alternavano inglesi, danesi, olandesi ed io ero sempre seconda, eccetto l’ultimo giorno che scesi in acqua con il bollo rosso, cioè del terzo (il primo ha quello giallo e il secondo azzurro). Avevo 13 punti da Carolijn. Si fecero due prove e dopo la prima me ne erano rimasti 5. Alla seconda regata girammo la boa di bolina piuttosto indietro, in mezzo alla flotta, intorno al 30o e poi partì il recupero. Dovevo distaccarla di 6 posti, cosa per niente facile! Guardavo avanti, per trovare uno spazio dove inserire la mia prua e per lasciare dietro più avversarie possibili. All’arrivo presi fiato e contai avanti, ero 5a, poi mi girai e osservai Carolijn, la più pericolosa, era…11… si, ma forse se ci fossero stati OCS, o se ci fossero state proteste tra ragazze arrivate tra me e lei… Al suo arrivo nessuno esultò, buon segno per me. Durante il rientro di bolina verso il porto, un gommone olandese mi si avvicinò e mi fece i complimenti; sul gommone italiano Manfredo Audisio e Michele Regolo facevano i calcoli e secondo Michele era fatta, secondo Manfredo era meglio aspettare. Alla premiazione, mi si avvicinarono le solite amiche, tra cui Carolijn che mentre mi stava facendo una doccia gentile al gusto di Champagne Brut mi disse: “Puoi fare quello che vuoi perché sei la regina”.
Cominciai con una vecchia barca federale, alberi scartati dalle olimpiache e vecchie vele Green; scesi in acqua la prima volta al campionato italiano a Cagliari nel ’97, dove vidi che tutto sommato con vento forte (13 m/s di mistral) ero molto competitiva, facevo anche la strambata, cosa che le altre ragazze di levatura olimpica non se la sentivano di fare. Finii seconda femminile e decisi che non era impossibile il confronto; non sarei partita dall’alto, avrei dovuto imparare l’abc della barca. Nel ’98 affrontai i miei primi iceberg: arrivavo decima alle nazionali, dove invece ero abituata a vincere con il Laser, al primo mondiale finii 54a e fu li che capii quanto forte andavano le altre. La sconfitta si trasformò in vittoria, vidi dov’ero e dove dovevo arrivare, misi a fuoco il gap faraonico che mi separava dalla top 10. Imparai a ripartire dal basso, scalino dopo scalino, sentivo il sale sotto alle ginocchia, mi alzavo e mi riabbattevano. Alle regate internazionali di Hyeres giravo le boe nelle prime 5 e finivo 20a. Risalire era duro e le occasioni per mollare infinite, invece riuscii a resistere, e continuai a migliorare poco alla volta ogni giorno. Lasciai di andare all’università per quasi due anni, per allenarmi sulla classe olimpica: all’estero le straniere erano professioniste.
A quattordici anni iniziai la risalita, raggiunsi il gradino più alto del podio italiano. Si regatò il campionato italiano femminile a Formia, sotto un bel sole e tanta calda accoglienza locale. Mi sentivo “ispirata” fin dal primo giorno; feci vari primi davanti a Paola Ferrario, un’altra vecchia volpe della classe, ed a Luisa campionessa uscente. In una prova ero seconda, dietro a Roberta Zucchinetti, e ci mancava ormai l’ultima bolina per arrivare. Io mi sentivo forte nelle virate mentre lei perdeva ad ogni controllo. Mi chiese di lasciarla arrivare prima, avevamo 13 e 14 anni e lottavamo contro ragazze di 27, ma io continuai a virare più e più volte fino a vincere la prova. Vinsi il campionato con una giornata d’anticipo. Poi Roberta ed io ci incontrammo e ci scontrammo per anni, con grinta e con vivacità. Con gli anni affinai la tecnica, migliorai la tattica, divenni più tenace, imparai a dominare l’ansia pre – regata, stavo crescendo al fianco di Francesco Bruni, Dado Castelli, Andrea Casale, ma arrivavo ancora troppo spesso seconda ai campionati Europei e Mondiali.
Mi ricordo quando andavamo in crociera con la barca di papà. L’Ecume de Mer classe ’74. Si caricava la cambusa di cibo: pere, pomodori, latte a lunga conservazione, scatolame e acqua nel serbatoio; poi si lasciavano gli ormeggi. Erano calde giornate d’agosto, il mare calmo appena increspato da piccole onde. Si faceva rotta verso la costa dalmata. A me piaceva stare in coperta al timone, oppure dormire nella cabina di prua dove il rumore delle onde sullo scafo era più forte, dove in manovra il mio corpo rotolava da una fiancata all’altra. Sono i ricordi di quando avevo cinque o sei anni: sole, tanto mare e vento. Vento… Finita l’infanzia cominciarono le prime regatine sugli Optimist. Salivo in quella vasca da bagno ascoltando il mare che sbatteva sulla prua della mia barca, ma stavolta nessuna fiancata poteva proteggermi dai primi schizzi d’acqua! Regatavo con l’impulsività e l’intuizione, mentre i ragionamenti e la logica erano ancora lontani dal mio Golfo (di Trieste). Andare per mare mi dava tranquillità ed il fatto di essere immersa in un altro ambiente dove nessuno mi creava disturbo, mi dava tempo per pensare e parlare con me stessa. Queste sensazioni perdurano ancor oggi ogni volta che salgo su una barca singola. Riassaporo il piacere dell’essere da soli.
Da due anni ero iscritta all’università, alla facoltà di Scienze e facendo i salti mortali riuscivo a frequentare i corsi obbligatori: i laboratori di biologia, di fisica e di chimica, saltavo regolarmente la sessione estiva e passavo subito a quella autunnale. Non sono mai riuscita a dare gli esami a giugno – luglio perché ero sempre in giro per il mondo a veleggiare. Dopo tante vittorie su di una classe non olimpica, mi accorsi con risentimento che i titoli vinti erano visti quasi con sprezzo da parte di chi aveva regatato su classi olimpiche. Decisi di sfidare me stessa ed affrontare la classe olimpica Europa.
Poi il secondo titolo europeo lo conquistai in Turchia, ad Istanbul nel ’95. Le regate furono molto difficili, regatammo i primi giorni con 16 m/s, poi con 12 m/s e man mano il vento scemò fino a 4 m/s. Durante la prima prova pur essendo alle cinghie e lascando scotta una raffica mi rovesciò di bolina davanti alla prua di Pasquale Chilà, uno dei più forti talenti della vela italiana prematuramente scomparso. Le sue risate furono sommerse pochi secondi dopo, dalla sua scuffia, identica alla mia. Alla testa della classifica ci alternavamo io e la greca Efi Manzarakis, attualmente sull’Yngling; il penultimo giorno Efi forzò un ingaggio alla boa di poppa e ci fu una protesta. La prima decisione della giuria fu “dismissing”. Poi si scopri la verità, riuscii a portare in udienza il mio testimone vero, il monegasco Asselin, che dimostrò la mia tesi. C’era stato il contatto, la greca non aveva fatto la penalità e aveva preso come testimone un suo amico passato al giro di boa 15 posizioni dietro a noi… era un teste palesemente falso. Fui incoronata per la seconda volta campionessa europea. La cerimonia di chiusura fu molto suggestiva con le bandiere nazionali ed i rispettivi inni. Era la prima volta che sentivo l’Inno di Mameli in mio onore e fu un momento ricco di emozioni. Seguì una spettacolare danza del ventre che coinvolse particolarmente il pubblico maschile.
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